
Covid-19: i suoi alleati i trombi sanguigni. Quali farmaci contro il Coronavirus?
È notizia di questi giorni che l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha dato il consenso ad una sperimentazione clinica contro il Covid-19. Dai primi dati emersi dalle poche autopsie eseguite sui morti di Sars-Cov-2 emerge la presenza scientifica di coaguli a livello sanguigno, la sfida è individuare quali sono i farmaci contro il coronavirus. E che sia dunque l’Eparina, una molecola anticoagulante, il farmaco contro il Coronavirus?
Via libera ad una nuova sperimentazione ospedaliera
Come debellare la presenza di coaguli a livello sanguigno? Perché non provare un anticoagulante come l’Eparina? E così in Italia sono già 14 i Centri Ospedalieri che hanno iniziato la sperimentazione e ben 300 i pazienti coinvolti. Per ora la terapia farmacologica clinicamente provata è quella con l’Enoxaparina sodica, eparina a basso peso molecolare ma dall’attività spiccata e non a caso fra le più utilizzate.
Non è un problema respiratorio, bensì vascolare
Sarebbero dunque i coaguli sanguigni la reale causa di morte per Coronavirus? Nulla di certo, si intende, ed al momento si è alla ricerca di una cura che trovi riscontri di insindacabili evidenze empiriche. Ma dall’analisi dei dati e dalle cartelle cliniche dei ricoverati si è acceso un barlume. Se fino ad ora si credeva che il problema principale fosse afferente alla respirazione, ora emerge anche, o forse solo, un problema afferente alla circolazione sanguigna. A tal proposito intere equipe di ricerca farmacologica stanno da giorni ormai comparando dati relativi alle autopsie eseguite sui deceduti per Covid-19.
Uno dei dati emersi è quello relativo alla quasi fissa presenza di una coagulopatia nell’infezione da coronavirus. Quest’ultima ha dimostrato di essere associata ad alta mortalità con alti dimeri D.
I dimeri D sono dei prodotti derivati dalla degradazione della fibrina, frammento proteico che si forma per precipitazione nel processo di coagulazione del sangue, ovvero nella formazione di un trombo. La presenza di un trombo è una condizione che ha dei potenziali anche gravi, poiché se dovesse raggiungere delle grandi dimensioni può essere in grado di ostruire il vaso sanguigno e bloccarne il flusso. La reazione a cascata che conduce alla formazione della fibrina può essere conseguente ad un evento immunitario del nostro organismo, ad esempio l’entrata di un corpo estraneo come un virus.
Questo genera un processo infiammatorio che comporta innalzamento febbrile (tipico sintomo da Coronavirus) ed avviene naturalmente anche in soggetti che non hanno particolari patologie (da qui si comprenderebbero le morti dei più giovani). Ipotesi, queste. Ma se fossero vere ed attestate la reale causa degli innumerevoli decessi negli ultimi mesi non sarebbero crisi respiratorie né lo scarso numero dei respiratori, bensì tutto si ricondurrebbe ad una DIC (Coagulazione Intravascolare Disseminata) innescata dal virus. La DIC è una patologia che conduce alla condizione in cui si formano coaguli di sangue in tutti i distretti corporei, ostruendo anche i piccoli vasi sanguigni. Una mancata irrorazione conduce, così, a delle conseguenze come la mancata irrorazione di un organo che comporta la sua insufficienza operativa.
Nuove evidenze sul Coronavirus, ma da accertare
Osservata, dunque, la spiccata anomalia della funzione della coagulazione, alcuni dei pazienti ricoverati per positività al Covid-19 presso i reparti di terapia intensiva sono stati sottoposti a terapia farmacologica con anticoagulanti. Fra questi la molecola che ha ottenuto il maggior successo è l’Eparina a basso peso molecolare. Si tratta di un principio attivo molecolare anticoagulante in grado di rallentare, ed in alcuni casi, di interrompere il processo di coagulazione del sangue con conseguente formazione di trombi. Associato all’Eparina, come farmaci contro il coronavirus, andrebbe comunque un antinfiammatorio (tanto demonizzato e che forse potrebbe far tornare tutti alla normalità).
Oltre ad un risvolto clinico, se le ipotesi e gli studi condotti trovassero fondamento e concretizzazione, si avrebbero risvolti pratici poiché si escluderebbero la necessità di ospedalizzare i pazienti poiché si tratterebbe di una cura eseguibile domiciliarmente. In tal modo si ridurrebbe anche il numero di ricoveri e soprattutto l’insorgenza di tutte quelle complicazioni che richiedono necessariamente la degenza in terapia intensiva ed a volte conducono a morte.